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La casa del colonnello

Nel salotto culturale di Casa Sanremo Writers, Alvise Lazzareschi ha portato il suo «La Casa del Colonnello», edito da Rizzoli. Il romanzo autobiografico, parla della storia di Alvise, cavatore di Colonnata, figlio e nipote di cavatori: si tratta della sua storia ma anche della storia di chi ha vissuto intorno a lui, in quel mondo che oggi non esiste più, o meglio, come preferisce dire lui stesso, in quel mondo che si è trasformato.
Il romanzo è anche un omaggio ai monti Apuani, ai paesi e le genti di questi luoghi, ma soprattutto ai cavatori. Nessuno, prima, aveva raccontato le cave, e chi ci lavora, in questa maniera, con tutte le emozioni e le tensioni che ne conseguono.
E non poteva mancare l’amore, con due storie memorabili: quella tra il colonnello, che dà il titolo al romanzo, e una nobile veneziana, che vissero il loro breve ma intenso amore a Colonnata, e quella del giovane Valdemaro, il «filista» della cava, e di Selene, 14 anni, una delle donne che portavano (in testa), dal fondovalle alle cave, i sacchi di iuta pieni della sabbia (rena) che serviva per tagliare il marmo. Bastò uno sguardo per stare insieme tutta la vita.

Nell’introduzione di Rizzoli al libro di Alvise Lazzareschi c’è questa definizione del cavatore: «Un cavatore conosce una sola unità di misura. Se ama, ama “a tonnellate”; se odia, detesta, combatte, o fa gli auguri di compleanno, segue lo stesso ordine di grandezza».

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