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Stefano Ventura – “Il Monile d’Avorio”

Autore: VENTURA STEFANO

Opera: IL MONILE D’AVORIO

Ci presenti il suo libro.

Il romanzo si dipana su piani temporali diversi. Nel primo ci troviamo a Tebe, capitale d’Egitto nel 1480 a.C. anno della morte del faraone Tuthmose II creando l’incognita per la successione al trono minacciata da intrighi di palazzo. L’erede al trono, il futuro Tuthmose III avendo solamente cinque anni, non può ancora regnare, quindi Hatshepsut, vedova del sovrano, essendo di puro sangue reale, si proclamerà faraone diventando tutrice del giovanissimo erede al trono. Per regnare si affiderà alla sua astuzia e all’appoggio di Senenmut, l’ingegnoso e potente architetto di corte, detentore dei misteri della resurrezione e suo amante, intraprendendo un leggendario viaggio verso la mitica terra di Punt.

Il secondo piano temporale ci conduce a Cuzco, capitale dell’Impero Inca, anno 1513 d.C. dove l’imperatore Huayna Càpac è profondamente turbato dal manifestarsi di minacciosi segni celesti (Quilla, la dea Luna è avvolta da sinistri aloni e una misteriosa stella con una lunga coda incombe sul regno). Inoltre l’arrivo di sconosciute e sinistre “case galleggianti” sopraggiungono dal grande mare con a bordo uomini barbuti vestiti d’argento e col potere di lunghe lance tuonanti. Che sia giunto l’avverarsi della profezia del dodicesimo Inca?

Qualche anno dopo, 1540 d.C, Pedro de Valdivia, uno degli ultimi Conquistadores spagnoli, sulla scia dei grandi tesori razziati da Hernàn Cortès in centro America e da Francisco Pizarro in Perù, sta esplorando il Cile alla ricerca della leggendaria Città d’oro. Durante il percorso si imbatterà in un villaggio colpito da una remota maledizione che rallenterà i suoi piani.

Ai giorni nostri l’archeologo romano Antonio Montero è convinto che la città ambita da Valdivia, non sia altro che la mitica Città d’oro dei Cesari, riconducibile al viaggio di Sebastiano Caboto in sud America. Si uniranno a Montero, due giovani archeologi, Demian e Soledad, in un avventuroso viaggio in Cile tra foreste inesplorate e antiche rovine, riscoprendo eventi accaduti secoli prima. Il ritrovamento di un antico monile d’avorio con misteriose incisioni egizie, li spingerà a porsi domande su chi posò per primo il piede nel nuovo mondo: Cristoforo Colombo o popolazioni molto più antiche?

Ma che connessione ci potrà essere tra la regina Hatshepsut e l’architetto di corte Senenmut, l’Inca Huayna Capac e Pedro de Valdivia? Proprio il misterioso monile venuto alla luce svelerà l’enigma.

Ci regali un breve stralcio dell’opera, una parte che per lei è particolarmente significativa.

Inserisco un momento cruciale; l’avvicendamento al trono alla morte del faraone Tuthmose II, padre di Hatshepsut, momento in cui la regina per rimanere indimenticata negli annali della storia, mediterà un geniale stratagemma.

«Ma ora dobbiamo pensare alla successione», aggiunse la regina con lo sguardo determinato. Senenmut conosceva bene quel piglio pungente, simile a quello di una dea, che scaturiva nei momenti di maggior difficoltà. Più di una volta aveva letto nelle iridi di ossidiana della regina la stessa fermezza che aveva contraddistinto il padre.

«Il trono spetta al piccolo Thutmose, generato dal tuo sposo con una delle mogli secondarie, e non vi sono altri eredi di sesso maschile», sentenziò Senenmut.

«Questa è sempre stata la regola dei nostri avi», rimuginò la regina. «E Neferura, in quanto femmina, anche se di sangue reale non potrà accedere al trono». «Quindi secondo le regole del regno dovrei accettare di relegare mia figlia e me stessa in un ruolo marginale fino a essere dimenticata?», si alterò Hatshepsut.

«Tu non sarai mai dimenticata, mia regina».

«E allora ci deve essere un modo per far sì che la mia memoria viva per sempre», pontificò la regina alzandosi di scatto dal suo scranno marmoreo.

Senenmut rimase pensieroso. Non vi era alcuna soluzione possibile nel crudele sistema delle successioni al trono d’Egitto: il sovrano doveva essere maschio e di sangue reale.

Il volto di Hatshepsut improvvisamente si illuminò. «Ho trovato una soluzione che mi renderà immortale e che tramanderà ai posteri il mio nome nei millenni a venire», sentenziò la regina con un sorriso splendente paragonabile a quello di Ra.

C’è un aneddoto particolare che l’ha spinta a scrivere questo libro?

La mia passione per la storia e per le antiche popolazioni è sicuramente un motivo determinante nella realizzazione dei miei romanzi, prediligendo anche l’inserimento di aspetti fantasiosi e fantastici. Questa mia scelta che poi si è manifestata come una naturale predisposizione narrativa, è stata utilizzata fin dal primo romanzo pubblicato nel 2019 con la casa editrice Armando Curcio, “IL CODICE INCA la maledizione di Inti il dio Sole” che in seguito al successo ottenuto ha dato voce alla saga sugli Inca con il secondo volume “L’ENIGMA DELLA CROCE INCA Quilla la dea Luna e l’eclissi fatale” e il terzo dal titolo “IL SEGRETO DELLA VERGINE INCA il sortilegio di fuoco” di cui “IL MONILE D’AVORIO la donna faraone e la profezia del dodicesimo inca” è il suo prosieguo. Ho voluto, d’altro canto, dare a ciascun romanzo una certa continuità, ma nel contempo indipendenza, facendo sì che ogni volume potesse avere un’anima propria con la possibilità di essere letto indistintamente l’uno dall’altro. Questa scelta mi ha donato diverse soddisfazioni risultando con IL CODICE INCA tra i dieci finalisti di Casa Sanremo Writers nel 2022 e vincitore Libro Edito Ithan Show Award Accademia degli artisti di Napoli. L’ENIGMA DELLA CROCE INCA risulta tra i finalisti del concorso “Mario Soldati” nel 2020 e terzo classificato al concorso letterario Argentario 2022 e IL MONILE D’AVORIO premiato al concorso Caravaggio di Porto Ercole. 2023.

Che cosa si aspetta dalla partecipazione a Casa Sanremo Writers 2024?

Devo dire che l’atmosfera che si respira a Sanremo nel periodo del Festival della canzone italiana è decisamente speciale. Lo dico a ragion veduta poiché già con “La spada Damasco” (Booksprint, 2015), tradotto in spagnolo nel 2017 che ho presentato in diretta streaming in occasione del 66° Festival della canzone italiana presso il Palafiori di Sanremo, ho potuto immergermi nel clima magico di Sanremo dove tutto parla di canzoni, di letteratura e non solo.

Essendo risultato tra i dieci finalisti di Casa Sanremo Writers nel 2022 ho assaporato per la seconda volta questa full immersion nella splendida città di Sanremo e nel Palafiori dove, proprio nell’ultimo giorno del festival, si alternavano i finalisti delle varie rassegne collaterali. Ed ora? Il proverbio dice che: non c’è il due senza il tre e pare che i proverbi qualche volta ci azzecchino, poiché il Palafiori mi attende a febbraio per la Vetrina di Casa Sanremo con l’intervista televisiva sul mio ultimo libro “Il monile d’Avorio”. Ebbene, che cosa mi aspetto da Casa Sanremo Writers 2024? Di certo farò un confronto con le precedenti occasioni e il ripercorrere le vie della città ligure tra il formicolio elettrizzante delle persone alla ricerca dei big della canzone e osservare stravaganti acconciature e improbabili abbigliamenti sarà un déjà vu, ma certamente con nuovi risvolti. Sono certo che entrando nuovamente al Palafiori e solcando la soglia della sala stampa Lucio Dalla, l’emozione sarà tanta e che in quell’occasione l’adrenalina salirà fino alle orecchie, ma forse anche questo per uno scrittore non è il bello della vita?