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Fabio Privitera – Aion, riaffiorare dall’oblio

  1. Ci presenti il suo libro.

Aion è un viaggio in un altro mondo; è un romanzo di formazione che definirei assoluto, poiché tutti coloro che si “risvegliano” in questo luogo devono ricostruire la propria memoria, che è una tabula rasa, e quindi la loro identità, in un confronto costante tra sapere e conoscenza, tra un Io presente e un altro rarefatto nel passato, che ciascuno incontra man mano che i ricordi riaffiorano. Tali ricordi riemergono in modo inaspettato e, con essi, anche alcuni demoni: le mancanze e le colpe di cui ci si è macchiati, che, nel loro ripresentarsi vividi, sconvolgono. Ma su Aion i ricordi non si limitano a riaffiorare, diventano carne e ossa, e, così come si possono riabbracciare persone a noi care, allo stesso modo certi demoni dovranno essere infine affrontati… E sarà da lì che si rivelerà tutto il senso di essersi risvegliati.

  1. Ci regali un breve stralcio dell’opera, una parte che per lei è particolarmente significativa.

L’esistenza è qualcosa che si incastra e riesci a comprenderne l’insieme solo quando arrivi alla fine, e non c’è alcun elemento meno importante. Non esiste goccia che non contenga in sé l’intera forza del fiume, lo stesso vale per la vita. Ogni ricordo, ogni momento che viviamo, ha in sé la medesima forza: sono le emozioni, le passioni, il sentimento che ci mettiamo dentro a spingerci ad attribuire loro un valore più o meno grande, sebbene adesso sia quasi convinto che nessuno degli attimi a cui ne abbiamo dato di più sarebbe accaduto in mancanza di anche solo uno di quelli che ci ha attraversato senza, apparentemente, lambirci. Quelli a cui non abbiamo dato importanza solo perché così naturali, così familiari, che finiamo per non dar loro il giusto peso. Ma ne hanno, invece. 

  1. C’è un aneddoto particolare che l’ha spinta a scrivere questo libro?

Un romanzo è legato a più di un aneddoto. Non è un’unica idea, poiché è qualcosa che, per quanto lo scrittore possa progettare, alla fine sfugge al suo controllo. Però la domanda così com’è posta mi piace, perché usa il verbo “spingere”, come se si sia presi da una corrente che impetuosamente fa avanzare la stesura. Uno scrittore, qualunque artista, può avere mille di idee e realizzarne 5, perché quelle altre 995 non posseggono quella corrente, o non in quel momento. Così, Aion nacque mentre preparavo l’esame di neuroscienze ed ero sul capitolo che spiegava i diversi tipi di memoria e le aree del cervello in cui fossero collocate. Immaginai allora un clone, un essere il cui cervello fosse stato manipolato e predisposto per conoscere cose come il sole, la terra, il corpo, respirare ecc., ma senza alcuna storia di sé. Mi sono chiesto come si sarebbe mosso nell’ambiente, e se questo ambiente avesse disatteso ciò che lui sapeva. Allo stesso tempo, confluì nell’idea anche un altro elemento. Anni prima avevo scritto una canzone che parlava di due fiumi che avevano la stessa sorgente e che, dividendosi, finivano per riabbracciarsi una volta giunti al mare. Ho allora pensato a questo come una metafora dell’anima gemella. Ecco, questi sono i due aneddoti su cui poi ho sviluppato la trama, però… c’è dell’altro. Secondo me, oltre a scrivere un libro, a un libro occorre credere, affinché non resti in un cassetto, intendo. Io a questo libro credo molto e questo è accaduto dopo la prima stesura, appena cominciato l’editing. È accaduto qualcosa che da lì mi ha portato a dargli un’impronta particolare. Un colore, direi. Prima di questa tinta Aion era grigio, poi è diventato verde come la speranza… Si è tinto dell’anima di una persona a me cara che è mancata proprio in quel periodo e che ha accentuato il desiderio che quanto stessi raccontando fosse, in qualche modo, vero: che esistesse Aion e che un giorno avremmo potuto riabbracciare le persone a noi più care. Questa è stata la mia spinta finale, il desiderio di pubblicarlo e di trasmettere, a tutti coloro che ne abbiano bisogno, la mia stessa speranza.

  1. Cosa si aspetta dalla partecipazione a Casa Sanremo Writers 2023?

Dall’inaspettato cosa ci si aspetta? Mi permetto di mutare la domanda, rispondendo: sorpresa. Così com’è stata inaspettata per me la proposta di parteciparvi, allo stesso modo mi piacerebbe che quello che accadrà dopo resti vaporoso e indefinito. Cosa c’è di più bello dello stupirsi, perché stupendomi penso che ci sia ancora così tanto da scoprire e di cui scrivere. Mi va di vivermi l’occasione e, se ci saranno dei frutti, li mangerò con più gusto.