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Chiara Domeniconi – Come un chiodo nella carne

1) “Come un chiodo nella carne” sono quasi cinquant’anni di vita in poco meno di cento pagine. Un linguaggio diretto come lo è la vita o come lo è stata almeno per me. Senza spiegazioni, bugiardini da consultare, senza filtri o Photoshop. La vita attraversa e va attraversata. Ho scritto di vita facendola attraversare dalla penna al foglio…dallo stomaco alla penna, dall’inchiostro al foglio. Lo stomaco, la fame, il dolore, il vuoto o il troppo pieno. Il cervello nello stomaco. Sassi o farfalle. Libertà o galera. Di sé. Da sé. Vita e morte fai da te. Non siamo passivi né alla vita né alla morte. Non possiamo volare ma possiamo volere. Di non volere sempre. Di non dover sempre aver bisogno di aver bisogno di qualcosa. O qualcuno. Che sia madre o padre o figlio o amante o fame o soldi, amore, sesso, successo…vivere ciò che è senza aggiungere. Il chiodo che fissa il quadro al muro. L’opera d’arte al museo che ferma una bellezza soggettiva per essere osservata. La bellezza o meno va via con l’osservatore. Il chiodo non ferma, non fissa. L’osservatore fissa e porta via. Noi fissiamo la vita, il suo dolore o felicità e li portiamo dove vogliamo. Fissiamo la morte in faccia che ci inchioda alla vita e ci portiamo dove vogliamo. Come un chiodo nella carne. La bellezza di voler anche non aver bisogno di aver bisogno. Di qualcosa o qualcuno.

2) “Cosa vi aspettereste da una quarantottenne che è stata neonata, bambina, adolescente, ragazza, giovane signora? Da una quarantottenne consapevole della propria femminilità, seppur con qualche divagazione, ma comunque fiera della propria genealogia familiare? Ovvio: vi aspettereste un racconto in cui le protagoniste indiscusse siano le donne, con i loro addobbi di fiorellini e fiocchetti, con i loro colori tenui, il rosa, il bianco, il giallo e con i loro sogni irrealizzabili di castelli e principi azzurri. Da una donna di quarantotto anni ti aspetteresti discorsi perpetuamente e costantemente e invariabilmente concentrati sull’amore, sulle sue dinamiche, sulle sue mille sfumature. Discorsi sulla necessità dell’amore, sulla sua importanza nella vita di ogni donna. Discorsi sull’imprescindibilità dell’amore, insomma. Sul fatto che, senza amore, una donna non esiste. E da questi discorsi ci si attenderebbero conoscenze approfondite in materia, capacità sopraffine e collaudate nell’indagine dei suoi aspetti materiali e spirituali. Bene: da me, questi discorsi, non li udirete mai. Non li udirete perché la mia infanzia è stata segnata dagli uomini, mio nonno e mio padre, i perni intorno ai quali tutto è nato e tutto è morto. Loro mi hanno uccisa e resuscitata, loro mi hanno sporcata e poi ripulita e, dentro di me, dopo tanti lavaggi, dopo tante centrifughe, non è rimasto nessun colore pastello, nessun odore di violetta. Erano uomini forti e fragili, chiusi dentro le loro convinzioni, irrigiditi dalla loro ideologia reazionaria. Loro non parlavano quasi mai, e, figuriamoci d’amore. Avevano stabilito un regime dittatoriale dove, per i sentimenti, non vi era alcuno spazio e le donne ammesse all’interno del cerchio dovevano ubbidire e tacere – mia nonna paterna, mia madre e io…”

3) A me piace guidare e scrivere. Negli anni ho cambiato modo di scrivere e di guidare. Ho cambiato auto. Il chiodo è stato un po’ come cambiare macchina, mantenere ciò che si è appreso sulla velocità, le curve, la strada…un modo di vivere stava venendo archiviato, non proprio dato via, venduto, ma messo in garage, nell’hard disk. Andava raccolto, pulito, ordinato, poi messo via. Magari per prendere una station wagon come quando la famiglia si allarga. La mia vita, le mie vedute, si sono allargate…la mia esperienza, anche il mio malloppo di sbagli e fallimenti. Questo è il chiodo. Un vestito per nuove forme ….

4) Non mi aspetto niente. Se mi aspettassi qualcosa mi rovinerei il bel risultato che già è. Lo renderei potenzialmente già una parziale delusione. Mi aspetto che bello o brutto sarà nuovo e guadagnato. Non voglio aspettarmelo, questo evento, voglio vivermelo anche nell’attesa che quindi un’attesa non sarà. Sarà bella vita vissuta.